La logistica del packaging offre non pochi spunti di riflessione ed è quindi sprone verso il miglioramento continuo della supply chain. Il primo riguarda proprio la natura degli imballaggi, i quali vestono due ruoli: possono essere prodotti da gestire – l’esempio è quello dell’impresa che produce (e quindi immagazzina/stocca) packaging – e possono essere una componente che entra in altre filiere, poiché tutti i prodotti, per essere spediti, devono essere imballati. In altre parole, gli imballaggi sono, al tempo stesso, prodotto e servizio. E pertanto, devono soddisfare i requisiti di entrambi: da un lato vi è l’esigenza della funzionalità dell’imballaggio inteso come prodotto, dall’altro la necessità dell’efficienza dell’imballaggio inteso come servizio. In ogni caso, lo si vedrà meglio, in entrambi i casi una voce particolarmente rilevante riguarda i costi.
Prima però di entrare nel merito degli aspetti legati alla gestione del sistema logistico per il settore del packaging, e prima ancora di declinare le regole che lo governano, è bene partire da alcuni spunti emersi da una ricerca.
Sistema logistico e la regola della standardizzazione
Da uno studio condotto da Fabrizio Dallari, direttore del Centro sulla logistica e supply chain management della Liuc, e da Marco Melacini, professore di logistics management e direttore scientifico dell’Osservatorio contract logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano, avente come oggetto i flussi logistici nel settore del largo consumo, sono emerse alcune considerazioni strettamente legate al mondo del packaging che, ovviamente, riveste un ruolo di primo piano quando si parla di GDO. Quale punto di inefficienza della supply chain nel settore del largo consumo, emerge proprio l’aumento di materiali da imballaggio da trasportare verso i punti vendita.
Logistica del packaging vs GDO
Secondo il team di ricerca, per assecondare le richieste della GDO, hanno luogo alcune aberrazioni. Se, infatti, la logistica efficiente imporrebbe soluzioni di imballaggio standardizzate e modulari per facilitare il trasporto dal magazzino al punto vendita – in questo modo, infatti, i carichi risulterebbero ottimizzati in termini di saturazione – si trasportano “legno e aria”, si trasportano colli con sagome molto diverse tra loro, perché sui pallet si depositano cartoni e nei negozi si utilizzano sempre più espositori. Dunque, nel largo consumo, vi sono ancora ampi margini di miglioramento, nonostante i passi in avanti fatti negli ultimi dieci anni.
La regola dell’omologazione
Va detto, infatti, che rispetto al passato sono già stati raggiunti importanti risultati: basti pensare a quanto accadeva solo qualche tempo fa, quando al packaging era affidata la funzione comunicativa e pertanto, pur di essere originale e riconoscibile nella forma e nei materiali, diveniva inefficiente dal punto di vista logistico, soprattutto nella fase di stoccaggio e di trasporto: non si dimentichi che carichi non ottimizzati producono maggiori costi e maggiore impatto ambientale.
Evoluzione virtuosa per la logistica del packaging
Da qualche tempo, però, nonostante gli ampi margini di miglioramento di cui sopra, l’efficienza ha prevalso: gli accordi tra industria e distribuzione hanno prodotto la diffusione di packaging le cui forme e dimensioni vanno nella direzione dell’omologazione. Il che genera, a cascata, una serie di ricadute: i volumi e i pesi del packaging più contenuti incidono positivamente sulla saturazione dei carichi e dunque sulla loro ottimizzazione, producendo costi di trasporto inferiori, perché vi è un numero inferiore di veicoli circolanti su strada, il che significa, anche, minor inquinamento atmosferico. In altre parole, il ripensamento degli imballaggi, riduce i costi relativi ai materiali, i costi relativi al processo di imballaggio, i costi di trasporto e, anche, i costi ambientali. Pertanto, studiare e progettare il packaging giusto consente alle aziende maggiore competitività. Ma come si progetta l’imballaggio perfetto?
La regola dell’indice di fragilità
Per contenere i costi, dicono gli esperti, quando si progetta un packaging si dovrebbe partire sempre dall’indice di fragilità del prodotto da imballare: se si tratta di un prodotto molto delicato, allora può aver senso spendere di più per imballaggi maggiormente robusti, magari più scomodi da trasportare, ma che garantiscono la sicurezza del contenuto. Se, invece, si tratta di un prodotto che non presenta grossi rischi di trasporto, allora le logiche che dovrebbero prevalere sono altre, in primis le azioni di cost improvement. Una volta progettato l’imballaggio, la palla passa al sistema logistico, che riveste un ruolo strategico, e lo si è visto: alla funzione logistica spetta la gestione ottimizzata delle scorte dei materiali di imballaggio, del magazzino e delle modalità di trasporto. L’obiettivo è ridurre il volume di spedizione e di stoccaggio a magazzino, nonché migliorare la protezione del prodotto. E non solo.
Logistica del packaging: marginalità e tracciabilità
È sui costi che si gioca la vera partita: la marginalità nel settore degli imballaggi è un aspetto molto importante, se non addirittura strategico, il che significa la necessità di un altissimo livello di efficienza operativa, al fine di non sprecare risorse economiche, di personale e di mezzi. Si è detto del ruolo bivalente degli imballaggi, che devono essere guardati e analizzati sia in qualità di prodotti, sia in qualità di servizio. In ogni caso, comunque, proprio per la natura del packaging, la gestione dello spazio logistico è di primaria importanza.Molto spesso la gestione è in stive a terra (a meno che non si tratti di magazzini già automatizzati) e poi, se li si guarda in qualità di servizio, occorre considerare tutto il discorso della tracciabilità delle merci. Nel caso di imballi primari, infatti, questi sono soggetti alla normativa del prodotto, ciò significa che deve essere garantita in maniera rigorosa la tracciabilità dei lotti.
Perché alla logistica del packaging serve un WMS
La tracciabilità, inoltre, soprattutto in alcuni settori, deve coesistere con la gestione a lotti Fifo (First In First Out), ossia “primo a entrare, primo a uscire”. Solo la perfetta tracciabilità può consentire di effettuare tutte le operazioni di prelievo e ricerca in modo comodo, rapido e preciso: ma è indispensabile una centrale di controllo, ossia un WMS che sappia cosa, come, quando e perché monitorare e, di conseguenza, gestire.
Allo stesso tempo il livello di servizio deve essere elevatissimo, soprattutto se si lavora in determinati settori, vedi food&beverage e dunque GDO: le consegne devono essere precise e puntuali nella modalità richiesta dai clienti in termini di formato dell’unità di spedizione, anche se quest’ultimo, come si è visto dalla ricerca dell’Osservatorio e della Liuc, può produrre inefficienze. In tutto questo, quindi, il livello di integrazione necessario è molto elevato, perché il sistema logistico è strettamente connesso al sistema ERP e a quelli EDI della GDO e dei partner. A fare la differenza sarà sempre il WMS che governa il sistema logistico.
Vuoi saperne di più? Contattaci!