L’ottimizzazione del magazzino è uno degli obiettivi principali di molte aziende. Ma solo una parte di esse, dopo aver intrapreso azioni per arrivarci, ha davvero fatto un passo verso l’efficienza. Questa operazione, infatti, è vincente se intesa a trecentosessanta gradi: non ci si può limitare alla razionalizzazione degli spazi o a una nuova gestione – ritenuta più intelligente – del personale e delle macchine. L’ottimizzazione del magazzino passa anche da altri aspetti, che possono riguardare la digitalizzazione, la dematerializzazione, il rapporto e il dialogo con gli altri settori dell’azienda. Per essere efficace, dunque, non può essere il frutto di decisioni istintive: perché, se è vero che molto spesso gli aspetti che non vanno sono noti a tutti, è altrettanto vero che le inefficienze si nascondono meglio di quanto si pensi. E pertanto, deve essere il risultato di un preciso processo di analisi e di studio, ancor meglio se fatto, o per lo meno condiviso, con chi il magazzino non lo vive quotidianamente.

Il magazzino non può essere un problema

Perché ottimizzare il magazzino? Le risposte possono essere tante, ma una può racchiuderne molte: perché si vuole risparmiare. Nel tempo, infatti, in quasi tutti i magazzini si generano costi e lavoro inutili, prodotti dal perpetuarsi di alcune inefficienze. Procedendo ad un’analisi oggettiva dei flussi – per esempio ricorrendo alla tecnica degli spaghetti charts – ci si renderà conto che molta strada percorsa da macchine e persone è inutile. Magari fino a qualche tempo fa quei flussi hanno avuto un senso, ma nel tempo le dinamiche cambiano. Ecco perché periodicamente occorre programmare l’ottimizzazione del magazzino, risolvendo problematiche comuni e trasversali a parecchie situazioni: non si ha certezza della collocazione delle merci, soprattutto di quelle con un lungo lead time; ci sono errori frequenti nei prelievi; la conoscenza del magazzino è legata alla memoria del personale; il disordine regna sovrano, gli spazi sono mal sfruttati; gli inventari non sono scadenzati (si fanno quando si ha tempo, mai, troppo spesso o comunque solo per necessità). Anche solo una di queste problematiche segnala la necessità dell’ottimizzazione del magazzino.

La guida è il miglioramento continuo

L’ottimizzazione del magazzino passa dunque dal miglioramento continuo: mettere a punto un circolo virtuoso, in cui ogni decisione e ogni azione sono volte verso l’efficienza, è il primo step da compiere. Ma come sapere se il sistema sta funzionando? Per conoscere le performance del magazzino, occorre misurarle tramite alcuni KPI significativi. Se l’obiettivo è l’ottimizzazione, di sicuro alcuni ragionamenti andranno fatti sulla gestione degli spazi e dunque sulla gestione delle scorte. A volte ribaltare completamente il magazzino, sfruttando le altezze, adottando gli shuttle, occupando anche aree fino a quel momento inutilizzate significa trovare nuovi spazi, addivenendo a una collocazione più felice degli stock. Ma la prima regola per fare spazio resta sempre una: eliminare quello che non serve, la merce vecchia non si vende più. Al contrario, è utile creare una zona in cui vengano collocati i colli che in magazzino restano poco perché ad alto turnover.

Il picking merita particolare attenzione

Se l’obiettivo è l’ottimizzazione del magazzino, di sicuro un aspetto su cui porre grande attenzione è il picking: macchine e persone sono, infatti, particolarmente coinvolte in questa dispendiosa operazione. Ed è anche qui che si concentra il più alto tasso di errori. Investire sul picking, dunque, è un passo concreto verso il raggiungimento della meta: non occorre per forza automatizzare, ma il ricorso alla tecnologia è di fatto obbligatorio. Sistemi vocali, sistemi luminosi, tecnologia indossabile sono tutti molto utili. Ma, a monte, ci deve essere un processo di formazione che renda il personale coinvolto ed edotto sulla necessità e sull’utilità dell’ottimizzazione del magazzino.

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